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AlloSCT, strategie anti-GVHD e valutazione del rischio

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La malattia del trapianto contro l’ospite (graft-versus-host disease, GVHD) continua a compromettere il successo complessivo del trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche per il trattamento delle neoplasie ematologiche.
Anche se l’incidenza e la gravità della GVHD acuta sono diminuite nel tempo grazie ai miglioramenti nei criteri di selezione dei donatori, nella profilassi farmacologica e nella terapia di supporto, l’incidenza della GVHD cronica è rimasta piuttosto stabile.

Gli autori di un lavoro, presentato ad ASH 2019 e pubblicato su Blood, guidati da Cornelis De Jong, del Dipartimento di Ematologia dell’Erasmus MC Cancer Institute di Rotterdam, hanno ipotizzato che un trattamento con ciclofosfamide ad alto dosaggio potesse ridurre l’incidenza cumulativa di GVHD acuta e cronica.

Nello studio prospettico, multicentrico, di fase 3 è stato messo a confronto il regime immunosoppressivo post trapianto a base di ciclofosfamide con un regime standard di ciclosporina e acido micofenolico (CIS).
Una popolazione di 160 pazienti è stata randomizzata 1:2 a ricevere CIS o PT-Cy in associazione o meno a CIS. I pazienti randomizzati a PT-Cy ricevevano 50 mg/kg di ciclofosfamide nei giorni  +3  e +4  e ciclofosfamide associata a CyA dal giorno +5 al giorno +70.
 Il 94% di questi pazienti veniva poi sottoposto a trapianto (52 vs 99 pts). matched related in 31% and matched unrelated in 69% of pts.

L’incidenza cumulativa di GVHD acuta di grado II-IV a sei mesi era del 48% in nel gruppo trattato con CIS contro il 32% sottoposto a trattamento con PT-Cy  quella di GVHD di grado III-IV era del 12% vs il 6%. Il tasso di GVHD cronica estensiva era del 50% nei riceventi CIS vs 19% riscontrato nel braccio PT-Cy.
La sopravvivenza libera da progressione (PFS) stimata a tre anni era, rispettivamente, del 60% (44%-73%) e del 58% (46%-67%).

Di particolare rilevanza il dato di sopravvivenza libera da GVHD e da recidiva (GRFS) che si attestava al 45% nel braccio sperimentale a ciclofosfamide contro il solo 22% ottenuto in quello con terapia standard.

“I risultati di questo studio confermano che la ciclofosfamide post-trapianto costituisce la miglior profilassi oggi disponibile per evitare l’insorgenza della graft-versus-host disease.
Questa modalità di terapia nasce nel contesto del trapianto aploidentico ma ora sta confermando la sua efficacia in tutte le modalità di trapianto, con riultati ancora più evidenti nel lungo periodo”, ha spiegato Fabio Ciceri, Responsabile UO Ematologia e Trapianto di Midollo Osseo dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano

Di grande interesse anche un altro studio che ripropone, in una diversa ottica, il tema della candidabilità al trapianto di staminali ematopoietiche di pazienti anziani, che fino ad alcuni a un decennio fa venivano sostanzialmente esclusi da tale opzione terapeutica.

Lo studio ha preso in esame 228 pazienti di età superiore ai 60 anni sottoposti a trapianto allogenico di CSE (alloSCT) in Italia e in Francia in dieci anni (2009-2018). L’età mediana della popolazione osservata era di 64 anni (range, 60-76), e il 68% dei soggetti era di sesso maschile. La leucemia mieloide acuta costituiva la più comune indicazione al trapianto (53%).

“I ricercatori hanno stratificato i pazienti utilizzando un approccio multidimensionale innovativo, validato dalla Fondazione Italiana Linfomi, e ottenuto combinando i punteggi dell’indice di comorbidità geriatrico CIRS-G (Cumulative Illness Rating Scale) con la scala di valutazione ADL (Activities of Daily Living ), che fornisce dati indicativi dello stato di autonomia del paziente in relazione alle attività della vita quotidiana, e con la IADL (Instrumental Activity of Daily Living) che considera, invece, il  grado di autonomia nelle attività strumentali”, spiega Ciceri.

Tale punteggio combinato è stato applicato a 215 pazienti con 125 casi (58%) classificati come “fit” e 90 (42%) come “unfit/frail”. 
I pazienti fit ottenevano tassi di remissione completa in seguito a trapianto alloSCT significativamente più alti rispetto agli unfit/frail (78% vs 21%, p<0.01), così come migliori outcome di sopravvivenza globale a 2 e a 5 anni (66% e 59% vs 32% e 30%) e una minore incidenza di mortalità correlata al trapianto (13% vs 28%).

“Una stratificazione dei pazienti anziani candidabili al trapianto allogenico di cellule staminali che si basi non solo su score di funzionalità d’organo ma più puntualmente sullo stato generale e sulle abilità nella vita quotidiana è risultata estremamente efficace nel valutare il rischio e nel predirre gli outcome dell’intervento”, ha commentato Ciceri.

“Un approccio di tal genere potrà essere di grande utilità anche per modulare al meglio le terapie ed evitare le possibili complicanze, in primis la più temibile, la graft–versus–host disease, che mette a rischio il trapianto e la vita stessa del paziente”.

a cura di
Stefania Mengoni

 

Bibliografia:

 De Jong, CN, Meijer, E, Bakunina K, et al. Post-Transplantation cyclophosphamide after allogeneic hematopoietic stem cell transplantation: results of the prospective randomized HOVON-96 trial in recipients of matched related and unrelated donors. Blood 2019; 134 (1): 1.

Polverelli N, Tura P,  Battipaglia G, et al. Multidimensional geriatric assessment for elderly patients (≥60 years) submitted for allogeneic stem cell transplantation. A French (Paris) – Italian (Brescia) 10-years experience on 228 patients. Blood 2019; 134 (1): 41.

 

 

 

 

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