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Beta-talassemia trasfusione dipendente, conferme dalla real life

By Maggio 21, 2022Maggio 25th, 2022No Comments
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Conferme per i pazienti affetti da talassemia trasfusione-dipendente che grazie alla nuova molecola luspatercept possono allungare gli intervalli tra le varie sedute o di diminuire le unità di sangue da trasfondere. I dati di real life evidenziano infatti, una riduzione di oltre il 30% del fabbisogno trasfusionale con un immediato effetto sulla qualità di vita e con meno accessi ospedalieri, quindi più libertà e normalità. Inoltre la nuova terapia, quando si dimostra efficace, consente di ridurre l’accumulo di ferro dovuto alle trasfusioni, che può danneggiare organi vitali come cuore, fegato e pancreas, e le possibili complicanze legate agli effetti collaterali dei farmaci ferrochelanti, assunti quotidianamente proprio per eliminare il ferro in eccesso.

“La trasfusione di sangue è la terapia d’elezione per i pazienti affetti dalle forme più gravi di beta-talassemia, malattia ematologica ereditaria, causata da un difetto di produzione delle catene globiniche, che costituiscono la struttura dell’emoglobina”, afferma Gian Luca Forni, Direttore Ematologia Centro della Microcitemia e delle Anemie Congenite, Ospedali Galliera di Genova, Centro che ha partecipato allo studio BELIEVE, pubblicato sul New England Journal of Medicine e che ha coinvolto 336 pazienti affetti da talassemia trasfusione-dipendente evidenziando come il 70% dei pazienti trattati con luspatercept ha ottenuto una riduzione del 33% del fabbisogno trasfusionale in un qualsiasi intervallo di tempo di 12 settimane.
“La vita dei pazienti con beta-talassemia trasfusione dipendente resta ancora oggi un ‘percorso a ostacoli’, caratterizzato da appuntamenti ogni 2-3 settimane con il centro di cura, a cui si aggiungono le visite di controllo”, sottolinea Forni . Poiché il nostro organismo non è in grado di eliminare il ferro in eccesso portato dalle trasfusioni, questi pazienti sono costretti ad assumere ogni giorno una terapia ferrochelante, per evitare i danni causati dall’accumulo di ferro, che possono manifestarsi a livello cardiaco, endocrino, epatico o pancreatico”.

Fino agli anni Sessanta, le persone affette da beta-talassemia major, la forma più grave, non sopravvivevano oltre i 10/15 anni. “Oggi, con la combinazione della terapia trasfusionale e ferrochelante, la loro aspettativa di vita è drasticamente migliorata, si parla infatti di ‘prognosi aperta’, spiega Roberto Lisi, Responsabile Unità Operativa Dipartimentale Talassemia ARNAS Garibaldi di Catania.  Un obiettivo un tempo impensabile, raggiunto grazie alla modifica dell’apporto trasfusionale, che è stato ridotto, e ai nuovi farmaci chelanti orali. Siamo in grado di controllare sia la patologia sia le comorbidità. Pur avendo una migliore aspettativa di vita rispetto al passato, questi pazienti rimangono strettamente condizionati dal frequente fabbisogno trasfusionale e dai continui esami strumentali necessari per il monitoraggio della malattia. Luspatercept, che riduce l’eritropoiesi inefficace responsabile della grave anemia e consente la produzione di globuli rossi maturi, cambia radicalmente le prospettive”.

“La cosiddetta ‘real life’, cioè la pratica clinica quotidiana, ha confermato le evidenze dello studio registrativo BELIEVE”, afferma Lisi. Va inoltre considerato che i pazienti ‘real life’ non sono selezionati e spesso presentano complicanze. La riduzione del fabbisogno trasfusionale determina una serie di conseguenze positive a cascata. Meno sangue trasfuso si traduce in una minore quantità di ferro accumulata e in una riduzione rapida della ferritina sierica, la proteina che svolge la funzione di deposito del ferro, come già emerso dallo studio BELIEVE. Diminuire il numero di trasfusioni significa ridurre anche le possibili complicanze legate agli effetti collaterali dei farmaci ferrochelanti e i rischi determinati dalle continue stimolazioni del sistema immune. Ad ogni seduta vi è infatti la possibilità di sviluppare una reazione trasfusionale”.

“La beta-talassemia lega la persona al centro di cura: in media vengono trasfuse 2-3 unità di sangue ad ogni seduta in ospedale, che dura fino a 5 ore, sottolinea Raffaele Vindigni, Presidente United Onlus (Federazione Nazionale delle Associazioni, Talassemia, Drepanocitosi e Anemie Rare) “. Tutto questo influisce sulla quotidianità e determina un’invalidità che si ripercuote sulla qualità di vita e sullo stato psicologico dei pazienti e dei familiari: da qui l’importanza della disponibilità di una terapia innovativa come luspatercept, in grado di trasformare la loro vita. Vi sono però ancora discrepanze a livello regionale nell’accesso al nuovo farmaco, dovute a ritardi burocratici che vanno superati quanto prima. Inoltre, nel 2017, tramite un apposito dispositivo di legge, è stata istituita la Rete Italiana della Talassemia e delle Emoglobinopatie. Manca ancora il decreto attuativo per mettere in sicurezza la Rete, consentendole di continuare l’opera svolta in questi anni di diagnosi, cura, formazione e prevenzione. Non bisogna pensare alla talassemia limitandosi all’idea che sia sufficiente ricevere la sacca di sangue, perché la patologia richiede un’assistenza costante ed esami strumentali da eseguire a intervalli definiti. Per questo servono protocolli uniformi su tutto il territorio. La definizione delle funzioni della Rete attraverso il decreto attuativo, continua Forni , può inoltre garantire stabilità ai singoli centri. Questo provvedimento sarà utile anche per valutare le esigenze trasfusionali delle varie aree, così da segnalare difficoltà e sopperire alle carenze stagionali che, per le persone che hanno bisogno costante di sangue, rappresentano un problema rilevante”.

 

Bibliografia. Cappellini MD, et al. A phase 3 trial of luspatercept in patients with transfusion-dependent β-thalassemia. N Engl J Med 2020; 382:1219-1231.