
Interessanti evidenze sulla miglior strategia terapeutica per il consolidamento prima di trapianto allogenico di CSE in pazienti pediatrici con leucemia linfoblastica acuta (LLA) giungono da un recente studio di fase 3 presentato sulle pagine del Journal of the American Medical Associaton.
Lo studio ha valutato l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di blinatumomab rispetto alla chemioterapia di consolidamento prima del trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche in pazienti pediatrici con LLA da precursori delle cellule B che hanno sviluppato una prima recidiva di malattia ad alto rischio.
Con blinatumomab, anticorpo bispecifico CD19-CD3 reclutante le cellule T, si è ottenuta una sopravvivenza senza peggioramento della malattia più lunga rispetto alla chemioterapia. Infatti, dopo quasi 2 anni, il 69% dei pazienti trattati con blinatumomab era vivo e libero da eventi rispetto al 43% dei pazienti trattati con la chemioterapia.
Inoltre, tra i pazienti che all’inizio dello studio presentavano positività per malattia minima residua (MRD), il 93% ha raggiunto lo stato di negatività dopo il trattamento con blinatumomab, rispetto al 24% dei pazienti trattati con la chemioterapia.
La stima di sopravvivenza globale (OS) a 3 anni nel gruppo trattato con blinatumomab è stata dell’81% rispetto al 56% nel gruppo trattato con chemioterapia.
“La leucemia linfoblastica acuta è il tumore più comune dell’età pediatrica. Sfortunatamente, circa il 15% dei piccoli pazienti con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B presenta una recidiva dopo una prima linea di chemioterapia”, spiegano i ricercatori. “Abbiamo necessità di nuove opzioni di trattamento per questi pazienti: i risultati dello studio avvalorano l’impiego di blinatumomab come nuovo standard di terapia di consolidamento pre-trapianto per i pazienti che vanno incontro a una prima ricaduta con connotazioni prognostiche di alto rischio.”
Nel gruppo trattato con blinatumomab l’incidenza di eventi avversi gravi è stata del 24,1%, rispetto al 43,1% del gruppo trattato con chemioterapia. E non sono stati riportati eventi avversi fatali.
“Sono molto soddisfatto che i risultati dello studio randomizzato abbiano dimostrato la maggiore efficacia di blinatumomab rispetto alla chemioterapia intensiva oltre a una minor incidenza di tossicità gravi”, afferma Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, coordinatore dello studio europeo di fase III, che in Italia ha coinvolto circa 50 piccoli pazienti in 8 Centri.
“La chemioterapia – sottolinea Locatelli – è stata finora impiegata come trattamento primario di consolidamento per tutti i pazienti con LLA in prima ricaduta di malattia con caratteristiche di alto rischio prima del trapianto di cellule staminali: un approccio, questo, solo parzialmente efficace e associato a un’importante tossicità. Blinatumomab si è dimostrato un’opzione di terapia di consolidamento più efficace e sicura per i pazienti pediatrici con leucemia linfoblastica acuta da precursori delle cellule B in prima recidiva ad alto rischio e oggi abbiamo uno strumento terapeutico in più per guarire questo sottogruppo di bambini.”
Bibliografia. Locatelli F, et al. Effect of blinatumomab vs chemotherapy on event-free survival among children with high-risk first-relapse B-cell acute lymphoblastic leukemia: a randomized clinical trial. JAMA 2021;325(9):843-854.