
L’analisi del DNA tumorale circolante (ctDNA) può fornire informazioni utili e costituire un importante biomarker clinico per la stratificazione del rischio in pazienti affetti dal linfoma del sistema nervoso centrale. È quanto emerge da uno studio internazionale presentato durante l’ultima edizione del Congresso ASH.
“Due sono le grandi sfide associate alla gestione clinica dei linfomi del sistema nervoso centrale”, spiega Florian Scherer, dello University Medical Center di Friburgo. “Da un lato, gli esiti delle terapie a base di metotrexato sono altamente eterogenei e i pazienti che mostrano una progressione o una recidiva della malattia hanno una prognosi molto sfavorevole. Dall’altro, mancano in gran parte gli strumenti per un’accurata stratificazione del rischio e la previsione degli outcome clinici”.
Inoltre, ha spiegato l’autore, le biopsie neurochirurgiche invasive necessarie per i linfomi del SNC comportano rischi procedurali e spesso non danno risultati conclusivi o non possono essere eseguite su pazienti fragili o anziani.
Il DNA tumorale circolante è diventato un biomarcatore importante rilevabile in modo non invasivo mediante la biopsia liquida in molte neoplasie, compresi i linfomi sistemici. Tuttavia, il suo ruolo nel linfoma del sistema nervoso centrale finora è stato limitato a causa delle basse concentrazioni di ctDNA nel plasma di questi pazienti e, di conseguenza, dei bassi tassi di rilevamento mediante il sequenziamento di nuova generazione, nonché dell’applicabilità limitata dei test su geni singoli.
Scherer e colleghi hanno cercato di superare queste limitazioni utilizzando due tecniche innovative, il Cancer Personalized Profiling by Deep Sequencing (CAPP-Seq) e il Phased Variant Enrichment and Detection Sequencing (PhasED-Seq), sviluppati dai laboratori della Stanford University. In particolare, hanno usato il CAPP-Seq per genotipizzare il DNA genomico nel tessuto tumorale e il ctDNA nel liquido cerebrospinale (CSF) e nel plasma, e il PhasED-Seq per monitorare il ctDNA nel CSF e nel plasma. Sono stati analizzati 67 pazienti (età mediana: 65 anni; 55,2% di sesso maschile) affetti da linfomi primari (l’82,1%) o secondari isolati del sistema nervoso centrale. Sessantacinque pazienti avevano un linfoma diffuso a grandi cellule B, uno era affetto da leucemia linfatica cronica e uno da linfoma a grandi cellule B CD38+. La maggior parte (il 77,6%) era stata sottoposta a un trattamento con intento curativo.
Gli autori hanno profilato il DNA ottenuto da campioni raccolti al momento della diagnosi, durante il trattamento e al momento della progressione della malattia. Per valutare la specificità del loro approccio, hanno analizzato anche campioni ottenuti da 44 pazienti con altri tumori cerebrali primari o metastasi cerebrali e da 24 controlli sani.
“Mentre i pazienti con ctDNA rilevabile e volume tumorale elevato sembrano avere avuto outcome particolarmente scarsi, quelli con ctDNA non rilevabile e un basso volume tumorale hanno mostrato una sopravvivenza globale a 2 anni eccezionalmente favorevole, pari al 100%”, sottolinea Scherer.
Anche l’analisi del ctDNA plasmatico durante la terapia con intento curativo ha mostrato associazioni significative tra la presenza di ctDNA e gli outcome clinici, tra cui la PFS e l’OS.
“I risultati emersi suggeriscono che il ctDNA riflette in modo accurato il burden tumorale e rappresenta un valido biomarcatore clinico per la stratificazione del rischio, la previsione degli outcome e una classificazione del linfoma del sistema nervoso centrale che non richieda procedure chirurgiche. Prevediamo un importante ruolo futuro del ctDNA come strumento di decision-making per indirizzare il clinico nella scelta del trattamento dei pazienti con linfoma del sistema nervoso centrale”, concludono Scherer e colleghi.
Bibliografia. Sherer F, Mutter JA, et al. Profiling of circulating tumor DNA for noninvasive disease detection, risk stratification, and MRD monitoring in patients with CNS Lymphoma. Blood 2021; 138 (1): 6.