Funziona la combinazione di chemioterapia più irradiazione nell’induzione al trapianto di CSE
Il trattamento dei tumori infantili è una storia di successo, in particolare per quanto riguarda la leucemia linfoblastica acuta (LLA). Grazie alla odierna chemioterapia, il 90% dei pazienti affetti da LLA minori di 18 anni guarisce. Il restante 10%, purtroppo, si trova a combattere una leucemia resistente o recidivante che richiede protocolli alternativi di cura. Una delle terapie più efficaci per la leucemia è il trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore. Approssimativamente, una percentuale compresa tra il 50% e l’80% dei pazienti pediatrici con LLA guarisce in seguito al trapianto, il 20% va in contro ad una recidiva e il 10% muore per complicazioni.
Il trapianto di cellule staminali emopoietiche da donatore è una procedura che comporta notoriamente molteplici passaggi: 1) Identificazione di un donatore idoneo, ovvero un fratello compatibile o un non congiunto; 2) Riduzione della leucemia del paziente ad un livello non rilevabile grazie alla chemioterapia, anticorpi o cellule del paziente geneticamente modificate (CAR-T); 3) Procurarsi un innesto dal donatore da midollo osseo, cellule staminali del sangue periferico o sangue del cordone ombelicale; 4) Trattamento preparatorio del paziente pre trapianto; 5) Esecuzione del trapianto di cellule staminali.
In caso di leucemia ad alto rischio, il gold standard della procedura preparatoria pre trapianto consiste in una combinazione di irradiazione total-body (ITB) e chemioterapia ad alte dosi. Questo approccio è molto efficace nel controllare la leucemia in questa fase, ma purtroppo espone il paziente più avanti nell’arco della vita ad una serie di potenziali conseguenze molto negative: sterilità, ritardi nello sviluppo, problematiche polmonari e possibili tumori secondari.
Per cercare di evitare queste conseguenze negative, un consistente gruppo di esperti di trapianti pediatrici ha condotto uno studio a livello globale per investigare la possibilità di sostituire la IBT con una preparazione a base di chemioterapia. Lo studio, denominato FORUM (For Omitting Radiation Under Majority Age) e appena presentato allo EHA25 da Christina Peters (St. Anna Children’s Hospital, Vienna), è stato condotto su 413 giovani pazienti in completa remissione, di età compresa tra i 4 e i 21 anni.
La randomizzazione si è dovuta interrompere in anticipo rispetto al previsto, nel marzo 2019, a causa dei risultati significativamente migliori, in termini di OS e di EFS, del braccio trattato con lo standard (combinazione chemio + raggi) rispetto al braccio trattato con la sola chemio. I ricercatori continueranno dunque a sperimentare per meglio definire i vantaggi e i limiti dei vari approcci nella preparazione al trapianto.
Fonte: EHA 2020, abstract: #S102