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LMA, nuova combinazione efficace nei pazienti anziani

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Nei pazienti anziani con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi, non idonei a una terapia intensiva, l’aggiunta dell’inibitore di Bcl-2 venetoclax alla terapia standard, l’agente ipometialante azacitidina, migliora in modo significativo la sopravvivenza globale (OS) e altri outcome.

Lo dimostrano i risultati dello studio di fase 3 VIALE-A, presentato in occasione del congresso virtuale della European Hematology Association.

Con la combinazione dei due farmaci si è osservato un aumento di oltre il 50% dell’OS mediana, con una riduzione del rischio di morte del 34%. Inoltre, aggiungendo venetoclax all’azacitidina più del doppio dei pazienti ha raggiunto la risposta completa ed è aumentato in modo sostanziale il numero di coloro che hanno raggiunto l’indipendenza trasfusionale.

“Abbiamo osservato che combinazione di azacitidina e venetoclax ha portato a un miglioramento significativo della sopravvivenza globale in pazienti anziani con leucemia di nuova diagnosi”, ha sottolinaeato Courtney DiNardo, dell’MD Anderson Cancer Center di Houston, prima autrice dello studio. l’autrice principale dello studio.
“Le risposte si sono osservate rapidamente, spesso all’interno di un ciclo, e sono state osservate in tutti i gruppi di rischio citogenetico e in quelli con le varie mutazioni molecolari. Il profilo di sicurezza ha mostrato un aumento delle citopenie, in particolare la neutropenia, che tuttavia possono essere efficacemente gestite con appropriate linee guida”.

Inoltre, la combinazione di azacitidina e venetoclax è risultata associata a un miglioramento significativo dei tassi di risposta, della durata della remissione e dell’indipendenza trasfusionale e rappresenta un vero cambiamento di paradigma nel trattamento dei pazienti anziani con leucemia mieloide acuta.

Lo studio VIALE-A è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, controllato e in doppio cieco, che ha coinvolto pazienti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi non candidabili a una terapia di induzione intensiva perché troppo anziani (età ≥ 75 anni) o per la presenza di svariate comorbidità.
I partecipanti non dovevano essere già stati trattati né con venetoclax né con azacitidina ed erano inoltre esclusi dall’arruolamento anche i pazienti con caratteristiche genetiche o citogenetiche favorevoli.
In totale sono stati arruolati 433 pazienti, assegnati secondo un rapporto 2:1 al trattamento con venetoclax o un placebo, in entrambi i casi in associazione con azacitidina.

I partecipanti assegnati al trattamento con la combinazione sono stati trattati con azacitidina 75 mg/m2 per via sottocutanea o endovenosa per i primi 7 giorni in cicli di 4 settimane e venetoclax 400 mg una volta al giorno per tutte le 4 settimane con un aumento graduale della dose nei primi 3 giorni del primo ciclo, mentre i pazienti del gruppo di controllo sono stati trattati con azacitidina allo stesso dosaggio del gruppo sperimentale più un placebo orale una volta al giorno per tutte le 4 settimane di ogni ciclo.

L’OS era l’endpoint primario dello studio, mentre gli endpoint secondari comprendevano il tasso di remissione completa (CR, definita in diversi modi), l’indipendenza dalle trasfusioni e la sopravvivenza libera da eventi.

L’età mediana dei partecipanti era di 76 anni e circa il 60% aveva 75 anni o più. Tre quarti dei pazienti presentavano una leucemia mieloide acuta de novo, due terzi avevano una leucemia mieloide acuta senza alterazioni mielodisplastiche, il 45% presentava uno performance status ECOG pari a 2 o 3, circa la metà aveva una conta dei blasti midollari del 50% o superiore e i due terzi avevano una citogenetica a rischio intermedio.

“Lo studio ha pienamente raggiunto il suo obiettivo principale, ossia il miglioramento della sopravvivenza globale con la combinazione venetoclax-azacitidina”, confermano gli autori.

Ad un follow-up mediano di circa 20 mesi, l’OS mediana è risultata di 14,7 mesi nel braccio trattato con venetoclax più azacitidina contro 9,6 mesi in quello trattato con la sola azacitidina più il placebo (HR 0,66, IC al 95% 0,52-0,85, P < 0,001). «Una differenza sostanziale e altamente significativa» ha commentato il professore.
La durata mediana del trattamento è risultata di 7,6 mesi con venetoclax più azacitidina e 4,3 mesi con il placebo più azacitidina.

Il vantaggio insito nell’aggiunta di venetoclax all’ipometilante si è osservato in tutti sottogruppi analizzati. Infatti, i risultati sono stati a favore di venetoclax indipendentemente dal sesso, dall’età del paziente, dal fatto che la leucemia mieloide acuta fosse de novo oppure secondaria a una mielodisplasia, dal rischio citogenetico (intermedio oppure sfavorevole) o dai marker molecolari associati alla malattia.

Anche i dati relativi ai tassi di remissione sono promettenti.  L’associazione di venetoclax con l’azacitidina, infatti, si è associata a un miglioramento significativo del tasso di remissione completa, tasso che è risultato del 66,4% nel braccio trattato con l’inibitore di Bcl-2 contro 28,3% nel braccio di controllo (P < 0,001). L’aggiunta di venetoclax ha permesso di ottenere circa il 40% di risposte in più rispetto alla sola azacitidina. Inoltre, con la combinazione, più pazienti hanno risposto in modo rapido al trattamento. Infatti, i pazienti che hanno raggiunto la remissione completa (con o senza recupero completo dell’emocromo) già durante il primo ciclo di terapia sono stati il 43,4% nel braccio trattato con venetoclax, contro il 7,6% nel braccio placebo.

Di nuovo, l’analisi dei sottogruppi ha mostrato una differenza consistente e ampia nei tassi di remissione completa a favore di venetoclax in tutti i casi. Per quanto concerne i sottogruppi molecolari, i risultati migliori si sono ottenuti nel sottogruppo dei pazienti con mutazioni di IDH 1 e 2, in quello con mutazioni di FLT3, e in quello con mutazioni di NMP1, nei quali i tassi di remissione sono risultati compresi fra il 67 e il 75%.

La durata mediana della remissione completa è stata di 17,5 mesi con l’inibitore di Bcl-2 e 13,4 mesi con il placebo. Un’analisi separata, limitata ai pazienti che hanno raggiunto la remissione completa, ha prodotto una differenza simile nella durata della risposta.

Un altro dato importante riguarda l’indipendenza dalle trasfusioni. Nel braccio trattato con venetoclax, un numero significativamente maggiore di pazienti (P < 0,001) ha raggiunto l’indipendenza trasfusionale per almeno 8 settimane.

Il vantaggio del braccio sperimentale è risultato evidente sia che l’intervallo senza trasfusioni fosse definito in base alla conta dei globuli rossi (60% contro 35%), sia che fosse definito in base alla conta piastrinica (69% contro 50%) o in base a entrambe le conte (58% contro 34%).

Sul fonte della sicurezza, gli eventi avversi ematologici di grado 3/4 hanno avuto un’incidenza dell’82% nel braccio venetoclax contro 68% nel braccio di controllo. Sono state più frequenti nel braccio trattato con l’inibitore sia la trombocitopenia (45% contro 38%), sia la neutropenia (42% contro 29%), sia la neutropenia febbrile (42% contro 19%), sia l’anemia (26% contro 20%) sia la leucopenia (21% contro 12%).

Bibliografia. DiNardo C, Jonas B, Pullarkat V, et al. A randomized, double-blind, placebo-controlled study of venetoclax with azacitidine vs azacitidine in treatment-naive patients with acute myeloid leukemia ineligible for intensive therapy: VIALE-A. EHA Virtua Meeting 2020: abstract LB2601.

 

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