
Una nuova tripletta che utilizza un anticorpo monoclonale in combinazione con pomalidomide e basse dosi di desametasone si è dimostrata altamente efficace nel trattamento di pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario (RRMM) sottoposti a precedenti linee di terapia.
La conferma giunge dagli update dello studio ELOQUENT-3 presentati nel corso dell’ultima edizione dello European Hematology Association (EHA) Congress recentemente celebrato a Stoccolma.
ELOQUENT-3 è uno studio randomizzato di fase 2, con braccio di controllo attivo, finalizzato a valutare l’aggiunta di elotuzumab a pomalidomide e basse dosi di desametasone (EPd) in pazienti con RRMM precedentemente esposti ad almeno due linee di trattamento tra cui lenalidomide e un inibitore del proteasoma.
Si tratta quindi di uno studio che si va a indirizzare specificatamente verso quello che è un crescente “medical unmet need”, per una popolazione di pazienti che sempre più frequentemente necessiterà di efficaci regimi di salvataggio.
Elotuzumab è un anticorpo monoclonale immunostimolante diretto contro la SLAMF7 (signaling lymphocyte activation molecule), glicoproteina di superficie altamente e uniformemente espressa dalle cellule del mieloma (indipendentemente dalle anomalie citogenetiche), dalle cellule natural killer (NK), dalle plasmacellule, e, a livelli più bassi, da un gruppo specifico di cellule immunitarie differenziate appartenenti alla linea ematopoietica.
L’anticorpo esplica la propria attività attraverso un duplice meccanismo d’azione: opera direttamente sul sistema immunitario con le cellule NK attraverso la via SLAMF7 e, legandosi a SLAMF7 sulle cellule di mieloma, rende sensibili tali cellule neoplastiche al riconoscimento e alla distruzione da parte delle NK, attraverso una citotossicità anticorpo-dipendente.
Lo studio ha preso in esame 117 pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario che avevano precedentemente ricevuto due o più linee di trattamento risultando, nella maggior parte dei casi, refrattari o recidivi a lenalidomide e a un inibitore del proteasoma. I pazienti venivano randomizzati 1: 1 a ricevere EPd (n = 60) o Pd (n = 57) in cicli di 28 giorni fino a progressione di malattia o tossicità inaccettabile.
Tutti i pazienti, in entrambi i bracci EPd e Pd, ricevevano pomalidomide 4 mg dai giorni 1 a 21 di ciascun ciclo e l’equivalente settimanale di 40 mg o 20 mg di desametasone, rispettivamente per i pazienti fino a 75 anni o di età superiore a 75 anni.
Nel braccio EPd la dose standard di elotuzumab 10 mg/kg EV veniva riservata ai primi 2 cicli di terapia mentre, dal terzo ciclo di trattamento, elotuzumab veniva impiegato alla dose di 20 mg/kg ogni quattro settimane.
La mediana di sopravvivenza libera da progressione di malattia (PFS), endpoint primario dello studio, era di 10,3 mesi nel il braccio trattato con EPd contro i 4,7 mesi (IC 95%: 2,8 a 7,2) ottenuti con pomalidomide più desametasone.
I pazienti randomizzati nel braccio EPd mostravano quindi una PFS raddoppiata rispetto al braccio di controllo e una riduzione del rischio di progressione della malattia del 46% (HR 0,54, IC 95%: da 0,34 a 0,86, p = 0,0078).
È interessante notare come il beneficio in termini di progression free survival si sia dimostrato in molti sottogruppi di pazienti, come, ad esempio, nei pazienti ad alto rischio citogenetico, nella definizione classica del termine, ossia pazienti con traslocazione 4;14 o 14;16 o con delezione del cromosoma 17, così come nei pazienti precedentemente sottoposti a due, tre ma anche quattro linee di terapia.
Anche in questi sottogruppi, infatti, la mediana di PFS rimaneva stabile a circa 10 mesi a conferma del vantaggio ottenuto con la tripletta, che potrà quindi essere utilizzata anche nelle fasi più avanzate di malattia.
Con riferimento agli end-point secondari in termini di ottenimento di almeno una very good partial response la combinazione EPd otteneva un tasso del 20% verso il 9% del braccio di controllo.
Anche Il tasso di risposta oggettiva premiava l’associazione EPd con un 53% (IC 95%: 40%-66%) verso il 26% (IC 95%: 16%-40%) raggiunto nel braccio Pd.
Soddisfacente il profilo di sicurezza: gli eventi avversi di grado 3-4 correlati al trattamento risultavano comparabili tra i gruppi EPd e Pd.
I tassi di eventi avversi ematologici più comuni di grado 3-4, neutropenia e anemia, erano più bassi tra i pazienti che ricevevano EPd (13% e 10% rispettivamente) rispetto ai pazienti trattati con Pd (27% e 20%).
Si evidenziava, infine, un trend favorevole per EPd rispetto a Pd in termini di overall survival anche se i dati, non ancora maturi, andranno successivamente confermati con un più lungo follow-up.
Ci troviamo quindi in presenza di una combinazione innovativa che sfrutta l’azione sinergica dell’anticorpo monoclonale elotuzumab con gli “standard of care” desametasone e lenalidomide garantendo un significativo prolungamento della sopravvivenza libera da progressione nei pazienti con mieloma già heavy treated, indipendentemente dal numero di linee di terapia precedentemente ricevute e dalle caratteristiche citogenetiche della malattia.
Bibliografia. Dimopoulos MA, Dytfeld D, Grosicki S, et al. Elotuzumab plus pomalidomide/dexamethasone (EPd) vs Pd for treatment of relapsed/refractory multiple myeloma results from the phase 2, randomized open-label ELOQUENT-3 study. 2018 EHA Congress 2018; 14-17 giugno 2018: abstract LB2606.