
All’armamentario di farmaci per combattere il mieloma multiplo, si è aggiunto di recente l’anticorpo monoclonale belantamab mafodotin, il primo trattamento anti-BCMA (antigene di maturazione delle cellule B) approvato nell’Unione Europea come monoterapia nei pazienti adulti che hanno ricevuto almeno quattro terapie precedenti e la cui malattia è refrattaria ad almeno un inibitore del proteasoma, un agente immunomodulatore e un anticorpo monoclonale anti-CD38.
Belantamab mafodotin è un anticorpo IgG1 umanizzato anti-BCMA coniugato a monometil auristatina-F (agente di disgregazione dei microtubuli) tramite maleimidocaproile, un linker stabile e resistente alle proteasi che si lega al BCMA colpendo le cellule neoplastiche attraverso un meccanismo multimodale, incluso il rilascio di MMAF, inducendo così apoptosi. Stimola, inoltre, il potenziamento della citotossicità cellulare anticorpo-dipendente e della fagocitosi cellulare anticorpo-dipendente inducendo morte cellulare immunogenica.
Nuove conferme d’efficacia per questo agente in pazienti “heavy treated” (con addirittura sette precedenti linee di terapia) giungono da un’analisi post hoc dello studio di fase 2 DREAMM-2, presentata in occasione dell’ultimo congresso virtuale dell’American Society of Hematology.
Il primo autore dello studio, Sagar Lonial, del Winship Cancer Institute della Emory University di Atlanta, ha presentato un’analisi sul gruppo di pazienti trattati con 2,5 mg/kg di belantamab (che è il dosaggio approvato dalle agenzie regolatorie), valutando gli outcome in base al numero di terapie già effettuate prima dell’ingresso nello studio DREAMM-2: da 3 a 6 (47 pazienti) e almeno 7 (50 pazienti).
L’età mediana dei partecipanti era di 62 anni (range: 39-85) nel gruppo già trattato con da 3 a 6 terapie e 67 anni (range: 45-85) in quello che ne aveva già fatte non meno di 7.
Inoltre, ha riferito Lonial, l’indice di massa corporea, l’etnia, il grado dell’International Staging System e la percentuale di pazienti con citogenetica ad alto rischio erano ben bilanciati nei due sottogruppi. Gli outcome di efficacia sono risultati simili a prescindere dal numero di terapie già effettuate, sia dal punto di vista della risposta sia da quello della sopravvivenza.
Infatti, l’ORR è risultato del 34% nei pazienti che avevano già fatto da 3 a 6 terapie e 30% e in quelli che ne avevano fatte non meno di 7. Inoltre, nel primo sottogruppo il 17% ha ottenuto almeno una risposta parziale molto buona (VGPR), a fronte del 20% nel secondo.
La risposta è apparsa duratura in entrambe le popolazioni, con una durata della risposta (DoR) mediana rispettivamente di 11 mesi e 13,1 mesi e una probabilità di DoR non inferiore ai 6 mesi rispettivamente del 63% e 73%.
Inoltre, l’OS mediana è risultata rispettivamente di 13,7 mesi e 13,4 mesi, mentre la PFS mediana è risultata leggermente superiore per i pazienti meno pesantemente pretrattati: 2,9 mesi contro 2,2 mesi.
Quanto, al profilo di sicurezza di belantamab mafodotin, è risultato anch’esso simile nei due sottogruppi esaminati, senza differenze significative nell’incidenza degli eventi avversi (compresa la cheratopatia) di qualsiasi grado e gravi, né dei tassi di interruzioni del trattamento, dilazionamenti della somministrazione o riduzioni del dosaggio. Per quanto riguarda gli eventi avversi corneali, in particolare, i ricercatori non hanno osservato differenze tra i due sottogruppi nell’incidenza di tali eventi, nel tempo di esordio del primo evento e nel tempo di risoluzione dell’ultimo evento.
“Quest’analisi post hoc ha mostrato che l’efficacia e la sicurezza di belantamab mafodotin non sono influenzate dal numero di terapie precedenti”, ha sintetizzato Lonial. Infatti, “si sono ottenute risposte profonde e durature, senza alterazioni degne di nota nel suo profilo di sicurezza, anche quando i pazienti avevano già effettuato 7 o più linee di terapia precedenti», ha concluso.
Ulteriori analisi di questo studio confermano, poi, il profilo di sicurezza e tollerabilità del farmaco e offrono dati rassicuranti sia riguardo alla tossicità oculare, un evento avverso da monitorare con attenzione nei pazienti trattati con belantamab mafodotin, sia all’impatto complessivo del trattamento sullo stato di salute generale e la qualità di vita del paziente.
In particolare, le analisi evidenziano che gli eventi oculari si risolvono nella maggior parte dei pazienti in corso di trattamento, senza che sia necessario interromperlo, e che, nonostante tali eventi, lo stato di salute complessivo, la qualità di vita e il funzionamento del paziente si mantengono, o addirittura migliorano, durante il trattamento con l’ADC.
Bibliografia:
Lonial S, et al. DREAMM-2: single-agent belantamab mafodotin (Belamaf) in patients with relapsed/refractory multiple myeloma (RRMM) – 1-year outcomes by prior therapies. ASH 2020; abstract #1417;
Lonial S, et al. Recovery of Ocular Events with Longer-term Follow up in the DREAMM 2 Study of Single Agent Belantamab Mafodotin (Belamaf) in Patients with Relapsed or Refractory Multiple Myeloma (RRMM). ASH 2020; abstract #3224;