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Giovanni Martinelli

By Maggio 29, 2023Maggio 30th, 2023No Comments
Rubriche

Lavoro e formazione professionale

Nella formazione di un medico, contano i “Maestri”?
Assolutamente, sono fondamentali.

Nella sua formazione, può dire di avere avuto un Maestro?
Ho avuto l’onore di lavorare sotto la guida di luminari come Sante Tura e Michele Baccarani, che mi hanno insegnato non solo a curare bene i malati, ma ad accompagnarli nel percorso con grande senso etico e passione. E naturalmente reputo un mio maestro il professor Dino Amadori, fondatore di IRST, dal quale ho imparato che i malati oncologici si possono aiutare anche quando non si possono guarire, standogli vicino.

Ha passato periodi di studi all’estero dopo la laurea? Se sì, dove e per quanto tempo?
Sono stato diverse volte all’estero e ho avuto numerose esperienze. Quella che ricordo con più favore risale al 1996, a Bolder, in Colorado, insieme al premio Nobel Thomas Cech. Altra esperienza fondamentale è quella di 4 mesi passata all’MD Anderson Cancer Center di Houston.

Le principali ragioni per cui ha scelto la sua professione…
Perché il sangue entra ovunque nell’organismo e questo mi ha dato la convinzione che l’ematologia potesse essere innovativa ed eterogenea, anche nel campo della ricerca.

Qual è la maggiore soddisfazione da lei avuta nella vita professionale?
Aver lavorato su nuove molecole ancora non catalogate come farmaci e averle portate a registrazione. Si parla di 12 nuove molecole che non erano mai state usate prima. Credo che quando un medico concorra a poter ampliare la platea della cura, potendo aiutare migliaia di persone contemporaneamente, raggiunga un grande risultato, portando un vantaggio a tutta la comunità in generale.

E la più grande delusione…
Posso ritenermi soddisfatto di tutte le esperienze che ho fatto e anche grazie alle tante persone che mi aiutano e mi hanno aiutato posso dire di avere avuto grosse delusioni.

Quale lavoro pubblicato è più orgoglioso di aver firmato?
Sono diversi i lavori che mi rendono orgoglioso, anche grazie alle persone che collaborano alle pubblicazioni. Mi piace citare un lavoro firmato sul New England Journal of Medicine, ma in generale amo ricordare i lavori in cui, in squadra, abbiamo contribuito in maniera diretta alla ricerca. Ho firmato e co-firmato quasi 700 lavori e di ognuno vado orgoglioso per il lavoro in team.

Cosa ritiene sia più prezioso per un malato?
L’ascolto, l’accoglienza, la presenza di qualcuno che si faccia carico del dolore, del disagio delle paure e della pressione che un malato sente quando è affetto da una patologia grave. Per un paziente è essenziale avere un punto di riferimento che lo ascolta.

Sfide e scommesse

Quale sarebbe la prima cosa che cercherebbe di fare se fosse Ministro della salute?
Di investire sulla formazione del personale medico e infermieristico, guardando più che all’aspetto economico al lato etico. Abbiamo bisogno di professionalità intrise di valori, che tutelino e preservino l’umanità del rapporto medico-paziente.

Quale politico inviterebbe volentieri a cena?
Non so per che dovrei invitare un politico a cena. Ma nell’eventualità accadesse, sceglierei uno che sappia apprezzare la buona cucina e il buon vino.

Lettura, scrittura, aggiornamento

Come trova il tempo di scrivere e dove?
Purtroppo è sempre molto poco il tempo che posso dedicare alla scrittura, che nel mio caso è per lo più incentrata su tematiche mediche e scientifiche. È un po’ il mio destino, che vede tutto essere ricondotto alla scienza, infatti anche nelle letture trovo piacere nel leggere quello che mi permette di migliorare a livello professionale.

Qual è il commento più memorabile che ha ricevuto da un referee?
Sicuramente quando il mio lavoro viene valutato come excellent.

Ma la peer review… funziona come filtro di qualità della ricerca?
Certamente. La revisione da parte dei colleghi è un sistema che garantisce un miglior prodotto e una miglior comunicazione dei risultati.

Quale rivista scientifica segue con particolare interesse?
Cancer Cell, Cell Metabolism, The Science of Nature e riviste consociate, che mi danno tanti spunti verso l’innovazione.

Ritiene che l’impact factor sia ancora un indicatore di cui fidarsi?
Credo di sì. Il mio impact factor è sempre stato anche condizionato dal lavoro del team. Molte volte è un indicatore che rappresenta il gruppo e che dice quanto si è lavorato assieme, nel bene e nel male.

Ha mai scritto una poesia? O ha mai sognato di scrivere una poesia?
No, non ho questa abilità.

E un diario?
No, ma ho sempre tenuto un blocco note su ciò che devo fare.

Quale libro ha sul comodino?
La Battaglia di Lepanto

Legge anche narrativa?
Non molta.

Se sì, quali sono i suoi scrittori preferiti?
Non ho una preferenza specifica.

Che libro porterebbe su un’isola deserta?
Probabilmente qualcosa che abbia a che fare con lo sport, altra mia grande passione.

Quale lettura suggerirebbe ad un giovane ematologo in formazione?
Il mio consiglio è sempre quello di aggiornarsi su autorevoli riviste scientifiche.

Il miglior congresso ematologico è…
Quello che dovremo ancora fare.

Ha ancora senso un congresso specialistico nazionale?
Si e la formazione dei giovani ematologi è importante per avere classe medica sempre più preparata.

Utilizza i social media come strumento di aggiornamento?
Li uso maggiormente per comunicare le attività dell’IRST di Meldola, Istituto che dirigo. E ritendo che, specie per veicolare contenuti scientifici, sia necessaria un’azione di filtro per evitare la diffusione di notizie false

 

Ricordi, passioni e...

Ricorda il suo primo “esame”?
Ricordo il mio primo esame, ma in particolare non dimentico quello di anatomia. Per superarlo ho dovuto affrontare un periodo via da casa, di isolamento. Per concentrarmi.

Ha delle paure nascoste che può confidarci?
Non sono un uomo pauroso, amo affrontare le sfide con coraggio e tendo a nascondere le paure.

Il più bel ricordo
La nascita dei miei figli.

Qual è il suo più grande rammarico?
Non essere riuscito a coinvolgere molti colleghi giovani in un progetto che rendesse grande l’ematologia dell’Emilia Romagna. A volte bisogna fare i conti con la realtà.

Fotografia analogica o digitale?
Ormai digitale.

Ha un soggetto fotografico preferito?
No, dipende dalle circostanze, ma la natura ha sempre avuto per me un fascino ed una attrazione insuperabili. Il terzo libro pubblicato si intitola ‘Nature and man’.

Gli scatti che (ancora) non ha mai scattato?
Infiniti, pur avendo girato tantissimo. Ne metto qualcuno: Antartide, Tibet, Via della Seta, Iran (pur essendoci stato) in dettaglio…

Il compleanno più bello?
Quello di mia moglie, il 13 settembre. Lei con me ha condiviso tante fasi di vita, dalle gioie ai dolori.

C’è qualcosa a cui non rinuncerebbe?
Non rinuncerei a nulla di quello che ho.

E qualcosa a cui vorrebbe rinunciare?
Forse a dover correre di continuo anche per appuntamenti istituzionali. A volte vorrei avere un po’ più di tempo per me stesso.

Una cosa che la appassiona?
Vedere i giovani che hanno voglia anche superiore alla mia di costruire il futuro, con empatia e generosità verso i nostri malati. I grandi progetti si realizzano se non si pensa solo a sé stessi.

In cucina preferisce stare al tavolo o ai fornelli?
Ahimè preferisco stare a tavola

Si mangia per sopravvivere o per godere?
Prendo in prestito le parole di Goethe: “Non c’è tempo per bere anche il vino scadente in questa vita”. Le gioie vanno godute, soprattutto partendo dalle piccole cose.

Che cosa ama di più del suo Paese? E cosa meno?
La fantasia, i panorami, il cibo. Ma a volte vedo troppo menefreghismo e superficialità.

Quale musica ascolta?
Molte cose, ma mi appassiona la classica e in particolare Bach, anche se ha qualche filo di tristezza

Ha un mezzo di trasporto preferito?
L’auto, ho vissuto in auto e l’ho sempre amata. Con alcune sono entrate in simbiosi.

Lo sport favorito?
Calcio, ho giocato anche nel Chievo e da buon mediano ho sempre corso molto.

Mare o montagna?
Solitudine, ampi spazi, mete da raggiungere, fatica da fare, per arrivare al rifugio o la tenda nel prato…in una parola la montagna.

La vacanza più bella?
Con la mia famiglia, in Val Badia. Momento bello, che mi ricorda i miei figli piccoli, la loro crescita negli anni.

La città più bella?
Direi Verona, da veronese. Anche se son stato tanto via da casa e, vivendo a Bologna, anche questa è diventata una città che amo.

Curiosità

Legge ancora un quotidiano “di carta”?
Si, in particolare il Corriere della sera, la Gazzetta dello Sport e in misura minore Repubblica e Sole 24 ore. Mi piace ancora sfogliarlo, anche se ultimamente apro più spesso il formato elettronico

La televisione serve a guardare…
Non sono un fan della tv, anche perché gli approfondimenti televisivi li trovo meno interessanti e quasi di parte. Preferisco gli eventi sportivi.

Chi le telefona più spesso?
I miei collaboratori, con i quali uso molto anche Whastsapp.

Usa il cellulare per fare foto?
Tantissimo, per condividere sia momenti di vita lavorativa che privata.

Ha un animale in casa?
Due gatti, anche se solo da poco mi sono affezionato agli animali domestici. Mi piace star con loro. E poi vivendo in campagna ho molti animali selvatici che girano nei dintorni di casa e mi piace pensare di condividere con loro degli spazi.

Il momento migliore della giornata: l’alba o il tramonto?
Mi piace la giornata che inizia, le speranze e l’ottimismo che porta con sé. Quindi dico l’alba

E il miglior giorno della settimana?
Il sabato senza dubbio, la mattina. Perché si sa che la domenica si rimane a casa.