
Nuove prospettive per i pazienti anziani con leucemia linfoblastica acuta Philadelphia-negativa di nuova diagnosi. Il trattamento con il farmaco anticorpo-coniugato inotuzumab ozogamicina, in associazione con il regime chemioterapico a bassa intensità mini-Hyper-CVD, con o senza blinatumomab, può, infatti, migliorare gli outcome, producendo alti tassi di risposta e risposte profonde e durature. Lo evidenziano i dati aggiornati di uno studio di fase 2 presentati in occasione dell’ultimo EHA Meeting.
Fadi Haddad, dell’MD Anderson Cancer Center di Houston, e i suoi colleghi, hanno riportato che il tasso di risposta obiettiva al trattamento è risultato del 99%, con una durata della risposta completa a 5 anni del 78%. Inoltre, dopo un follow-up mediano di 65 mesi il tasso di sopravvivenza globale a 5 anni è risultato del 48%.
Inotuzumab ozogamicina è un ADC composto da un anticorpo monoclonale anti-CD22, legato a un agente citossico chiamato calicheamicina. Una volta legatosi alle cellule tumorali CD22 positive, la calicheamicina viene rilasciata all’interno delle cellule stesse, dove può esercitare la sua azione citotossica.
Lo studio del gruppo dell’MD Anderson è un trial non randomizzato, a singolo braccio in cui si sono valutate la sicurezza e l’efficacia di inotuzumab ozogamicina in combinazione con la chemioterapia a bassa intensità in pazienti anziani con leucemia linfoblastica acuta Ph- di nuova diagnosi, non idonei per la chemioterapia intensiva. Il regime di chemioterapia di induzione utilizzato dagli autori è il mini-Hyper-CVD, una versione di minore intensità rispetto all’Hyper-CVAD convenzionale.
Il protocollo prevedeva il trattamento di induzione con il regime mini-Hyper-CVD per un massimo di 8 cicli. Inizialmente, inotuzumab ozogamicina è stato somministrato alla dose di 1,3-1,8 mg/m2 il giorno 3 del ciclo 1 e di 0,8-1,3 mg/m2 il giorno 3 dei cicli da 2 a 4. Per i primi quattro cicli i pazienti sono stati trattati con rituximab (se CD20+) e sottoposti a una profilassi a base di chemioterapia intratecale.
Il trattamento di mantenimento nei pazienti che rispondevano a questa terapia di induzione consisteva nel regime POMP (prednisone, vincristina, metotrexato, mercaptopurina) per un massimo di 3 anni.
A partire dal cinquantesimo paziente, è stato introdotto un emendamento del protocollo. Infatti, inotuzumab ozogamicina è stato somministrato in dosi frazionate per ognuno dei quattro cicli di mini-Hyper-CVD (0,6 mg/m2 il giorno 2 e 0,3 mg/m2 il giorno 8 del ciclo 1; 0,3 mg/m2 i giorni 2 e 8 dei cicli da 2 a 4), seguiti poi da quattro cicli di blinatumomab. Inoltre, anche il mantenimento è stato modificato, in modo da includere 12 cicli di POMP e 4 cicli di blinatumomab (un ciclo di blinatumomab ogni 3 cicli di POMP).
In totale sono stati trattati 83 pazienti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B Ph- di nuova diagnosi, di cui sei risultavano già in remissione completa al momento dell’arruolamento. I partecipanti dovevano presentare un performance status compreso da 0 a 3 e avere adeguate funzioni d’organo.
L’età mediana della popolazione in studio era di 68 anni (range: 60-87) e il 34% dei pazienti aveva almeno 70 anni. Inoltre, il 61% presentava un’espressione del CD20 almeno del 20% e il 39% era portatore di mutazioni di TP53.
La quasi totalità dei pazienti ha risposto al trattamento. Infatti, 76 su 77 (il 99%) hanno ottenuto una risposta e 69 (il 90%) una risposta completa, l’8% una remissione completa con recupero piastrinico incompleto e l’1% una remissione completa con recupero ematologico incompleto.
Degli 82 pazienti che hanno ottenuto la remissione della malattia, 34 (il 41%) l’hanno mantenuta, mentre 11 (il 13%) hanno avuto una ricaduta e quattro (il 5%) sono stati sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali.
Complessivamente, la negatività della malattia minima residua, valutata mediante citometria a flusso è stata raggiunta dal 79% dei pazienti in remissione entro il giorno 21 del ciclo 1 e complessivamente dal 94% dei pazienti. La valutazione eseguita mediante sequenziamento di ultima generazione ha mostrato un-MRD negatività ancora più alta (92%).
Haddad e i colleghi riportano che un’età pari a 70 anni o superiore e una citogenetica sfavorevole sono risultate associate ad esiti peggiori. Nei pazienti di età ≥70 anni, l’outcome inferiore è stato attribuito principalmente a tassi più elevati di decesso mentre il paziente era in remissione completa.
L’OS a 5 anni è risultata del 72% nei pazienti (40) di età 60-69 anni senza citogenetica sfavorevole, del 27% nei pazienti (15) di 60-69 anni con citogenetica ad alto rischio, contro il 38%, per i pazienti (24) con età ≥70 anni e citogenetica a basso rischio e dello 0% (4) nei pazienti ≥70 anni con citogenetica ad alto rischio.
“Il regime mini-Hyper-CVD più inotuzumab ozogamicina, con o senza blinatumomab, è stato ben tollerato”, riferiscono gli autori, con una bassa incidenza di malattia veno-occlusiva. Inoltre, non si è registrato alcun decesso precoce.
Bibliografia. Haddad FG, et al. Updates from a phase II trial of mini-hyper-CVD- inotuzumab con o senza blinatuzumab in older patients with diagnosed philadelphia chromosome (Ph-) negative acute lymphoblastic leukemia. EHA 2023; abstract P373.