Abbiamo seguito l’arrivo a Roma di Roberto Laudati, medico ematologo presso l’Unità di Ematologia AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, egli stesso paziente oncoematologico, che sabato 29 aprile è partito in sella alla sua bicicletta, alla volta della Capitale, per la “Pedalata Arcobaleno della Speranza”. Un viaggio di oltre 700 chilometri, divisi in 5 tappe, per dimostrare la valenza terapeutica dell’attività fisica nelle terapie oncologiche e unire idealmente tutti i centri onco-ematologici italiani.
“L’attività motoria, anche per chi si sottopone alla chemioterapia, è fondamentale non solo per migliorare la qualità di vita dei pazienti ma anche per prevenire gli effetti collaterali delle terapie oncologiche a lungo termine. Un’attività fisica personalizzata sulle caratteristiche del paziente, che nelle prime 8-12 settimane deve essere seguito da un “allenatore esperto”, riesce a restituire buona parte della perdita di efficienza fisica, psicologia e mentale, oltre a porre le basi per la prevenzione di altre complicazioni, ha commentato Maria Christina Cox, ematologa presso l’Azienda Ospedaliera-Universitaria Policlinico Tor Vergata di Roma e docente di esercizio fisico adattato nei pazienti con tumore.
I pazienti oncologici, se guidati da esperti, possono dedicarsi in sicurezza ad esercizi volti a migliorare il benessere, la funzionalità fisica e la qualità della vita, mitigando anche la stanchezza legata alla patologia e alle terapie; svolgere attività fisica, infatti, riduce ansia, depressione e dolore ed è anche utile per migliorare la qualità del sonno, aumentare il senso di benessere e l’autostima, oltre che per mantenere la mobilità e l’indipendenza. Ovviamente occorre tener presente le condizioni specifiche del paziente, del tipo di tumore e del trattamento in corso, rivolgendosi sempre al proprio oncologo per capire bene come e quanto muoversi. Numerosi studi hanno dimostrato che le persone che hanno avuto un tumore e si sono mantenute
fisicamente attive manifestano una maggiore aderenza alle terapie, presentano un minor rischio di recidive e un aumento della sopravvivenza rispetto alle persone inattive.