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GVHD refrattaria a steroidi, conferme per gli inibitori di JAK

By Settembre 18, 2020Novembre 4th, 2021No Comments
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L’inibitore di JAK ruxolitinib induce un tasso di risposta globale più elevato rispetto alla miglior terapia disponibile in pazienti con malattia del trapianto contro l’ospite (GVHD) acuta, refrattaria agli steroidi. Lo confermano i nuovi dati dello studio di fase 3 REACH2, presentati in occasione dell’edizione virtuale dello European Society for Blood and Marrow Transplantation Congress.

Il REACH2 è uno sudio multicentrico internazionale, randomizzato, in aperto, che ha arruolato 309 pazienti con età ≥12 anni che, a seguito di un trapianto allogenico di staminali, avevano sviluppato una GVHD acuta di grado II-IV refrattaria agli steroidi.

I partecipanti venivano assegnati in rapporto 1:1 al trattamento con ruxolitinib (a un dosaggio iniziale pari a 10 mg due volte al giorno) o alla migliore terapia disponibile, a scelta dello sperimentatore.

Ai pazienti trattati con la migliore terapia disponibile che dopo 28 giorni non rispondevano al trattamento o perdevano la risposta in seguito era consentito il passaggio al braccio con ruxolitinib.

L’endpoint primario era rappresentato dal tasso di risposta complessivo (ORR) dopo 28 giorni di terapia e gli autori hanno valutato questo endpoint in diversi sottogruppi, suddivisi in base a età, genere, razza, grado della GVHD acuta al momento della randomizzazione, coinvolgimento degli organi, caratteristiche del trapianto (regime di condizionamento utilizzato, fonte delle cellule trapiantate, compatibilità dell’HLA, e tipo di donatore) e altri fattori.
“Ruxolitinib è il primo nuovo farmaco ad aver dimostrato la superiorità rispetto alla miglior terapia disponibile in uno studio di fase 3 in pazienti con aGVHD steroido-refrattaria”, ha commentato Robert Zeiser, professore del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Trapianto di Cellule Staminali dell’Ospedale Universitario di Friburgo.

I risultati dello studio hanno evidenziato che l’ORR al giorno 28 era del 62,3% con ruxolitinib contro il 39,4% con la miglior terapia disponibile (odds ratio, 2,64; 95% CI, 1,65-4,22; P <0,001) in questa popolazione di pazienti, raggiungendo l’endpoint primario dello studio. Tra coloro che hanno risposto al trattamento, il 34,4% (n = 53) ha ottenuto una risposta completa (CR) nel braccio ruxolitinib contro il 19,4% dei soggetti arruolati nel braccio di controllo (n = 30); risposte parziali (PR) sono state riportate rispettivamente nel 27,9% (n = 43) e nel 20% (n = 31) dei pazienti.

Anche l’ORR al giorno 56 siè dimostrata superiore con ruxolitinib rispetto al controllo, con un ORR del 39,6% contro il 21,9%. Al giorno 56, le CR per ruxolitinib e per la terapia di controllo erano del 26,6% (n = 41) contro il 16,1% (n = 25), rispettivamente; le PR sono state del 13,0% (n = 20) contro il 5,8% (n = 9).

Inoltre, ruxolitinib ha mostrato un beneficio clinicamente significativo rispetto al controllo in tutti i diversi sottogruppi di pazienti suddivisi in base a determinate caratteristiche al basale che comprendevano il grado di malattia alla randomizzazione, il coinvolgimento degli organi, i criteri per la refrattarietà agli steroidi e le caratteristiche del trapianto.

Inoltre, la sopravvivenza senza fallimento è stata superiore con ruxolitinib rispetto al controllo e pari a 5 mesi contro 1 mese (HR, 0,46; 95% CI, 0,35-0,60).

Per quanto riguarda la sicurezza, gli eventi avversi di grado 3 o superiore sono stati segnalati fino al giorno 28 nel 77,6% di coloro che hanno ricevuto ruxolitinib contro il 78,0% di coloro che hanno ricevuto la miglior terapia disponibile. Gli eventi avversi più comunemente segnalati nei bracci ruxolitinib e di controllo comprendono la trombocitopenia (27,0% vs 15,3%, rispettivamente), l’anemia (21,7% vs 18,7%), la riduzione della conta piastrinica (14,5% vs 13,3%) e la neutropenia (13,2% vs 9,3%). Un numero maggiore di pazienti con ruxolitinib ha contratto un’infezione rispetto alla miglior terapia disponibile, con un tasso del 61,2% contro il 54,7%, rispettivamente; infezioni di grado 3 sono state segnalate nel 22,4% e nel 18,7% dei pazienti, rispettivamente.

Inoltre, la causa più comune di morte durante il trattamento è stata l’aGVHD; il 13,8% dei pazienti del braccio in sperimentazione è deceduto (n = 21) contro il 14,0% dei pazienti del braccio di controllo (n = 21).

“Concludiamo dallo studio che l’ORR al giorno 28 era significativamente più elevato nel gruppo ruxolitinib rispetto al gruppo di controllo. Ruxolitinib ha mostrato un beneficio clinicamente significativo e l’ORR è stato duraturo, in quanto le risposte sono state osservate anche al giorno 56”, ha concluso Zeiser. “Il profilo di tossicità di ruxolitinib era coerente con quello che ci aspettavamo e non sono stati segnalati problemi di sicurezza inaspettati”.

Bibliografia. Zeiser R. et al. Randomized phase 3 trial evaluating the efficacy and safety of ruxolitinib vs best available therapy in patients with steroid-refractory acute graft vs host disease. European Society for Blood and Marrow Transplantation Annual Meeting 2020.